Dopo il naufragio del Kormoran, un centinaio di donne e un ragazzo di dodici anni, Phaon Stradmann, trovano la salvezza in un’isola tropicale. Viene così creata un’organizzazione statuale femminile che entra in conflitto, nel tempo, con la parte maschile (i nuovi nati vengono attribuiti all’intervento soprannaturale del dio serpente Mukalinda), che viene bandita e relegata nell’altro lato dell’isola.
Hauptmann, per scrivere questo romanzo utopico, si ispirò sia a Robison Crusoe di Daniel Defoe che a Das Mutterrecht (“il matriarcato”, n.d.c.) del giurista e antropologo svizzero Johann Jakob Bachofen, oltre che alla vita sull’isola di Hiddensee, dove si trovava la sua casa di vacanze.

 

 

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Autore: Gerhart Hauptmann
Titolo: Die Insel der Grossen Mutter, oder das Wunder von Île des Dames. Eine Geschichte aus dem utopischen Archipelagus
Editore: S. Fischer
Luogo: Berlin
Anno: 1925
Prima traduzione italiana: L’isola della grande madre, traduzione di Giuseppe Zamboni; prefazione di Curt Sigmar Gutkind, Le Monnier, Firenze 1926
Pagine: p. 373
Dimensioni (bxh): cm. 11,5×19


Biografia dell’autore

Gerhart Hauptmann (foto: Karl Scolik, Österreichische Nationalbibliothek, Bildarchiv Austria)

 

Gerhart Hauptmann (Obersalzbrunn, oggi Szczawno-Zdrój, 1862 – Agnetendorf, oggi Jagniątków, 1946): poeta, drammaturgo, scrittore tedesco.
Figlio di un albergatore, nacque in Bassa Slesia, un regione che faceva allora parte della Prussia (e oggi è Polonia). Ebbe difficoltà scolastiche e a un certo punto abbandonò lo studio per lavorare nella tenuta agricola dello zio. Si iscrisse all’Accademia di Belle Arti a Breslau, poi a quella di Dresda, e ancora all’Università di Jena per studiare discipline umanistiche, ma in tutti i casi interruppe gli studi. Si trasferì a Roma per lavorare come scultore, ma, visto lo scarso successo, anche in quel caso lasciò. Grazie al matrimonio con Marie Thienemann, di famiglia benestante, Hauptmann poté dedicarsi esclusivamente alla scrittura.
Si trasferì a Berlino dove conobbe alcuni scrittori d’avanguardia, legati alla corrente del naturalismo. Influenzato da queste figure iniziò a scrivere romanzi e drammi teatrali, tra cui si ricordano Bahnwärter Thiel (“Il casellante Thiel” n.d.c., 1888), Vor Sonnenaufgang (“Prima dell’aurora” n.d.c., 1889), Das Friedensfest (“La festa della pace” n.d.c., 1890), Einsame Menschen (Anime solitarie, 1891), analisi sulla decadenza della borghesia, e Die Weber, (I tessitori, 1892), che racconta la drammatica epopea delle masse di diseredati nella Slesia della prima metà dell’Ottocento.
Le sue posizioni socialdemocratiche non erano apprezzate dal Kaiser Wilhelm II, che pose il veto nel 1896 all’assegnazione ad Hauptmann del premio Schiller. Nel 1901 sposò in seconde nozze Margarete Marschalk. Nel 1905 divenne membro della Gesellschaft für Rassenhygiene (“Società per l’igiene razziale”, n.d.c.) del medico Alfred Ploetz (divenuto in seguito un sostenitore del nazismo) e nello stesso anno divenne membro onorario della Berliner Secession. Nel 1912 vinse il Nobel per la letteratura.
Il 3 ottobre 1914 fu tra i firmatari dell’Aufruf an die Kulturwelt (noto in italiano come Manifesto dei 93, letteralmente “appello al mondo della cultura”, n.d.c.), un segno di supporto dell’azione tedesca da parte di scienziati, scrittori e artisti, che mitigava le responsabilità della Germania nello scoppio del conflitto. Tuttavia, dopo la sconfitta tedesca Hauptmann sostenne la Repubblica di Weimar e venne anche candidato come possibile Reichspräsident. In questi anni ricevette diverse onorificenze sia in patria, sia da parte di università straniere, come la Colombia University.
Durante il nazismo, Haupmann ebbe una posizione né di aperto contrasto, né di supporto ideologico al regime. Per via della sua popolarità, le sue posizioni non propriamente allineate non vennero comunque contrastate. Nel 1944 venne incluso nella Gottbegnadeten-Liste (“elenco dei dotati della grazia di Dio”, n.d.c.) redatta da Goebbels, ovvero artisti ritenuti fondamentali per il nazismo e quindi esentati dalla mobilitazione di guerra. Nel febbraio 1945 Hauptmann si trovava in un sanatorio di Dresda: sopravvisse al bombardamento della città, ma rimase sconvolto da quella catastrofe. Dopo la fine della guerra, la Slesia venne annessa alla Polonia, sotto la sfera di influenza sovietica. La popolazione tedesca venne espulsa e mandata forzatamente in Germania. Hauptmann morì nel 1946 nella sua casa in Slesia. Il suo corpo, tuttavia, non venne tumulato ad Agnetendorf, ma venne caricato su un treno e inviato in Germania. Venne così sepolto, 52 giorni dopo il decesso, nell’isola di Hiddensee, dove si trovava la casa di vacanze della famiglia.


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